Il nano-publishing approda in Italia

febbraio 4, 2006

Partendo dal paziente lavoro di aggregazione dei diversi blog creati noi allievi ed ex-allievi del corso di laurea in Scienze della Comunicazione di Perugia che, proprio in questi giorni, il prof. Rocco Pellegrini sta portando a termine, sono andata a fare un giro in rete alla ricerca di qualche simile operazione di aggregazione.

Inevitabilmente mi sono imbattuta nelle varie forme di nano-publishing che da qualche mese sono apparse anche in Italia, dopo essere state esportate con il classico ritardo dagli Stati Uniti.

Cos’è il nano-publishing?

Si tratta di network editoriali indipendenti, alter-ego dell’editoria tradizionale, che raggruppano, sotto la propria ala, blog monotematici dedicati a tematiche verticali che intendono rivolgersi a specifiche nicchie di informazione.

L’idea di fondo è quella di utilizzare i blog come strumenti più snelli e leggeri (da qui il termine nano) che affrontano un tema specifico offrendo un’informazione di qualità, basata su uno stile colloquiale, scevro dei tecnicismi che spesso affliggono i grandi portali.

Come nasce?

Il primo a lanciare l’idea è stato, nel 2000, Nick Denton con Gawker Media. Jason Calacanis (ex Silicon Alley Reporter) ha replicato il successo del suo predecessore con Weblogs Inc., innescando così un fenomeno che si allargherà a macchia d’olio con altre esperienze di nanopublishing di nicchia, come Gizmodo o Engadget.

Come funziona?

La società editoriale che cura il sito offre ai suoi contributors una piattaforma di blogging da cui creare i contenuti. In cambio richiede a chi scrive un impegno assiduo e costante, che può equivalere alla redazione di uno o più post al giorno, (a seconda della politica editoriale stabilita). Non sempre però si tratta di professionisti di informazione. Chi scrive sono perlopiù giovani che hanno conoscenze su un determinato argomento ed una buona confidenza con gli strumenti di blogging. A fungere da tutor per gli autori dei contenuti c’è il nano-publisher, solitamente un giornalista o blogger esperto, che si occupa di supervisionare la validità e la freschezza dei contenuti che verranno pubblicati, oltre che di promuovere i blog che appartengono al network su altri circuiti di comunicazione.

Gli autori-bloggers sono così esonerati da ogni preoccupazione circa gli aspetti commerciali e di marketing e possono piuttosto concentrarsi sull’interazione con i lettori, che nel nano-publishing è fatta di consigli, coinvolgimento, suggerimenti.     

Il sistema non si nega l’obiettivo di ottenere un ritorno economico dalle pubblicazioni. Si mira infatti ad identificare un target omogeneo di lettori verso cui indirizzare inserzioni pubblicitarie per creare un business sostenibile che possa ricompensare adeguatamente i bloggers. Nick Denton, precursore del nano-publishing, sostiene di disporre ormai di una rete di autori che paga profumatamente (almeno 2mila dollari al mese).

Dalle esperienze made in Italy in corso, come Blogo.it, Blogosfere.it e Communicagroup sembrano già emergere segnali di successo. Ma è ancora presto per dire se anche da noi decollerà questo sistema o se stiamo respirando il solito clima da corsa all’oro.

 

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